Mario Nava - Sculture
Mario Nava - Sculture
Mario Nava l'ho conosciuto quando ero emigrante nella cintura milanese. Lavoravamo nella stessa fabbrica e mentre di sera frequentavo il Giamaica di brera e studiavo arte alla scuola del Castello Sforzesco, di giorno ne parlavo con Mario. Da qui la nostra frequentazione di vita. Una vita questa che pur inquadrata nel proletariato urbano e nelle lotte sindacali di quegli anni '60, ci coglieva immersi in letture "on the road" (sulla strada), in ascolti musicali divisi fra la necessità di una cultura "alta" e quindi dei classici romantici e fra questi Beethoven in testa per stile di vita e i Rolling Stones dentro le feste caserecce consumate con ragazze ambiziose di sposarsi. La nostra trasgressione (come ora si suol dire mentre allora era detta ribellione) era quella della frequentazione dei circoli proletari e della professione di Comunismo; mentre il desiderio di vita, di una vita da vivere subito e che ci facesse sentire diversi in tutti i sensi ci veniva dall'Arte. La creatività e l'azione sociale erano il nostro credo. Non sapevamo allora a che tempi saremmo andati incontro. Passavamo da vecchi pittori impressionisti come il Franchi a militanti comunisti alto atesini come Pio Telch, poi scomparso in Africa. Da parte mia frequentando il Giamaica (correva il 1962) venivo presentato a importanti artisti da amici di Brera. Ma eravamo troppo presi da noi per accorgerci del dato estetico e preoccuparci del futuro delle nostre personalità. Per parte mia ero adagiato sul versante politico della sinistra pertanto gli interessi erano legati all'organizzazione sindacale in fabbrica e studentesca a scuola. Era il periodo degli studenti lavoratori e della frequentazione della libreria Feltrinelli (1965). La vita scorreva e senza porci il problema del futuro passavano i giorni anche divertendoci dentro piccole storie dell'Interland. Andavamo felici alle manifestazioni metalmeccaniche dell'Alfa Romeo sapendo che c'erano tante ragazze e dopo, spesso, passavamo alle Messaggerie Musicali ad ascoltare dischi.
Mario smise di frequentare la scuola d'arte del Castello dopo un anno, si sposò, ebbe dei figli ed ora ha una vita sociale quotidiana ed è responsabile per sé e per gli altri. Così per me. Ma una cosa non ci abbandonò mai e ancora essa ci unisce al di lù del bene e del male: l'arte. L'amore per la creatività scritta o fatta con le mani o parlata. Così egli continua a vivere a Rho, a promuovere gruppi d'arte, ad esporre le sue "amate cose" senza voler rincorrere il successo cosciente che per una buona vita esso non è necessari; ne abbiamo parlato spesso. Così credo anch'io. C'è una corrente nel mondo anche per noi uomini senza gloria sì, ma così diversi, così poco integrati, "in culo" a questo mondo di ossessionati dal potere. Rifaremmo la stessa vita? Perchè no. In fondo abbiamo tanto amore e tanta arte nel cuore da darla gratis anche ad altri. Un dono è un dono e non è del possessore esso è di tutti. Ecco perchè credo di più ad un pranoterapista che ad un artista. Dell'arte di mario ho scritto ancora e siccome egli è ancora lì, dentro le sue cose, ritengo superfluo riparlarne. I suoi lavori sono li a futura testimonianza. Il mio omaggio fraterno a lui è questo libretto che gli ho curato e che dedico a tutti quelli che come noi hanno amato Rodin, Maillol, Bourdelle e Brancusi.
Boris Brollo
Catalogo stampato dalla Tipografia Sagittaria, Concordia Sagittaria (VE), ottobre 1992