Henry Hargreaves - No seconds, Comfort Food e Fotografia
Henry Hargreaves - No seconds, Comfort Food e Fotografia
a cura di Chiara Casarin. Un progetto di Mauro Zardetto
Al centro dell'esposizione, al Museo della Follia di San Servolo, emerge in tutta la sua forza la serie di scatti fotografici dedicati agli ultimi pasti dei condannati a morte, la serie No Seconds, che noi, fin dall'anteprima di "Treviso: Dripping Taste 2012", pensando a quel drammatico rituale celebrato di consueto nella tarda serata o nelle prime ore dell'alba, vogliamo collegare direttamente alle Ultime Cene della storia dell'Arte. E' sotto questa sopita luce della storia che il messaggio di Henry Hargreaves e delle sue bianche immagini ci appare nell'epifania della condizione umana, multiforme eppure sempre uguale a se stessa.
Questa concezione di fondo viene tradotta esteticamente nella più nota delle Ultime Cene, quella di Leonardo da Vinci, in Milano (1494/98), che è la madre di tutte le Ultime Cene. Qui la scena è frontale e il piano del tavolo crea un taglio netto fra il sotto e il sopra, quasi una separazione fra il mondo ctonio fisico e corporeo a quello spirituale, superiore, delle emozioni e dei sentimenti. Una divisione netta creata da una linea precisa che fa di essa un asse frontale. Tecnica questa che si mitigherà nel tempo, così che nel Rinascimento l'impostazione estetica sarà alla fine molto diversa: in Jacopo da Bassano, nell'Ultima Cena di Villa Borghese (1547), gli Apostoli (solidi contadini veneti) discutono ancora pacatamente e il Cristo, in un gesto di tenerezza, accarezza la testa di Giovanni semi addormentato. Tintoretto, nella sua Ultima Cena di San Trovaso in Venezia (1566), costruisce una sceneggiatura vorticosa tesa sul corpo centrale del Cristo con le braccia aperte come a proteggersi dal tradimento che di li a poco subirà e Paolo Caliari, detto il Veronese, lascerà alla grazia dell'equilibrio scenografico l'obbligo di stemperare la rinnovata drammaturgia del tradimento (1573).
E' lungo tutta questa linea di fissazione melanconica del dolore che si arriva sino ai "rimaneggiamenti" di Andy Warhol, tratti dalla cena leonardesca, con il suo Last Supper. Ma tutto è comunque ancora e sempre legato a una prospettiva centrale, dove la realtà è simulata e rappresentativa della sua finzione.
Chi, al contrario, fissò una diversa concezione estetica svelando con irriverenza la funzione stessa dello spettatore fu Marcel Duchamp che, con la sua Dati (1947), fa "coincidere il centro del cono della visione con il sesso femminile e spinge ad una immedisimazione pressochè fisica" (Octavio Paz, 2010). Con Duchamp, chi guarda l'opera d'arte è portato a provare la vergogna del voyeur. Un sentimento che coinvolge intimamente chi guarda oggi le immagini di Hargreaves e qui il cerchio della Storia si chiude, in quanto vale il detto straussiano: "Si è ciò che si mangia". Di fronte alla serie No Seconds lo spettatore, appresa la lezione di Duchamp, non può non notare l'assenza fisica del condannato percependone comunque il suo volto, la sua storia, la sua presenza per tramite dei suoi desideri immortalati da un ultimo bianco colpo di flash.
Boris Brollo
Henry Hargreaves, No seconds. Catalogo monografico con testi di Chiara Casarin, Boris Brollo e un'intervista di Giorgia Zardetto a Henry Hargreaves. Edito da Grafiche Antiga, Crocetta del Montello (TV), 2013